TIN SOLDIERS

Fotografie di Elena Siniscalchi
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IDEA4ME
31 gennaio | 13 febbraio 2018

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Dopo la serie “Hockey Players” in cui giocatori in movimento erano cristallizzati in movimenti ideogrammatici, la ricerca di Elena Siniscalchi sulla comunicazione non verbale, prosegue con una nuova serie di lavori che a livello estetico mostrano una continuità con gli scatti precedenti, ma in cui è evidente una ancor più marcata ricerca filosofica dove i soggetti rappresentati divengono metafore della vita degli uomini.
Per la fotografa i “Tin soldiers sono soldatini di piombo abbandonati in cantine e soffitte ma che nonostante il passare del tempo hanno mantenuto, nelle loro forme statiche, la posizione e il ruolo per cui erano stati creati. Ripresi nella neve e in grotte di ghiaccio, sono posti come giocattoli su un campo di battaglia marmoreo senza avere più un nome né un senso nella contemporaneità. Estraniati in un non-luogo, i loro corpi sono condannati dalle uniformi ad una rigidità che non lascia loro scampo,
tuttavia in un’ottica più trascendentale i loro gesti divengono archetipi che ci ri-cordano rituali antichi che li elevano a fi-gure dignitose e onorevoli nella loro e-roica accettazione”.

Elena Siniscalchi nasce a Kiel in Germania nel 1969 da madre tedesca e padre ita-liano. Gli studi di letteratura l’avvicinano a mondi di culture diverse e all’introspezione psicologica. L’artista sviluppa prestissimo un profondo inte-resse per la fotografia e per il ritratto che studia con Giuliana Traverso. Per alcuni anni il lavoro di ritratto in studio si alterna con la passione per il teatro.
In seguito il suo campo di indagine si concentra sulla comunicazione-non-verbale.
Inizia cosí una ricerca focalizzata sulla mimica dei volti e sull’espressività dei gesti che si concentra su vari mondi, spostandosi ad esempio dalla comunicazione infantile al mondo dei sordi, al gioco dell’Hockey. Mondi apparentemente distanti ma uniti dalla loro rappresentazione gestuale, iconica.
Nonverbal Photography é il filo conduttore della ricerca che unisce tutti i progetti fotografici dell’autrice sulla sfera della comunicazione non verbale e il linguaggio mimico e gestuale.
L’autrice mette in luce ció che lega un es-sere umano all’altro al di là di qualsiasi barriera e crea l’occasione per riflettere sul senso e l’origine della comunicazione ad ampio raggio, senza discriminarne alcuna. Il campo di indagine ruota intorno al misterioso gioco di identificazione – distinzione dall’altro. Il bambino si distingue dalla mamma e comincia a comunicare quando dice io: ma se fosse solo, da chi si distinguerebbe? Come potrebbe avere coscienza di sé senza l’ altro?